Di Gianluca Girelli
Forse qualcuno di voi avrà notato questa bizzarra parola – padusa – citata all’interno del racconto. Questa parola deriva dal nome del fiume Po in latino (Padus) e stava ad indicare la regione del suo delta, situata oggi tra le terre di Forlì e Comacchio.
Ebbene non è sempre stato così. Qualche volta ci scordiamo di quanto sia grande come fiume e quanto grandioso doveva essere in passato dato che il suo delta occupava una regione molto più vasta: la Padusa, una regione di acquitrini e fitte paludi salmastre punteggiate di vegetazione che regolarmente veniva allagata dalle esondazioni di tutti gli affluenti del grande fiume.
Specialmente quelli provenienti da sud, che per raggiungere il Po attraversavano un terreno leggermente depresso, allagandolo ogni primavera e autunno. Questa palude era una fonte insostituibile di biodiversità per la regione ma al contempo tale biodiversità era anche una minaccia per l’uomo dato che nelle paludi prosperavano parassiti, muffe e altri miasmi nefasti.
Per questo, già dal periodo Romano furono fatte alcune bonifiche per estendere il coltivato dell’area anche se, con il crollo dell’amministrazione Imperiale e i tumulti posteriori alla caduta, la zona venne riconquistata dalla selva e dall’acqua, in una lotta costante tra uomo e natura che durò più di mille anni.
Le ultime parti selvatiche della vera Padusa furono bonificate tra la fine del 1800 e il periodo fascista. Oggi, un’ombra di tale territorio è ancora visibile al parco nazionale del delta del Po.
Ma quindi in che periodo ci troviamo nella storia? Con la sola Padusa è difficile a dirsi: essendo rimasta immutata per secoli tale paesaggio doveva essere simile sia durante l’impero romano che durante il medioevo, con la graduale riconquista di territori e la costruzione di città. Tuttavia nella storia è inserito un indizio piuttosto lampante, anzi due: Le monete che legano i due personaggi del racconto sono effettivamente diverse e sono realmente databili (se siete feticisti di numismatica antica). La prima coniata in nome dell’imperatore Majorianus, al potere dal 457 al 461 d.C. mentre nella seconda, quando si incontrano di nuovo compare l’imperatore Anthemius, che regnò dal 467 al 472 d.C. Siamo dunque agli sgoccioli dell’Impero romano d’Occidente, in quanto pochi anni dopo, nel 476 d.C., verrà deposto l’ultimo imperatore, Romolo Augustolo. Ma dovrà passare parecchio tempo perché i contemporanei prendano atto della cosa, e ancora più tempo perché l’Impero romano giunga effettivamente al termine.