Di Nas Kirchmayr
Vivendo in prima persona la condizione, mi sono spesso chiesto come dovesse essere la vita di una persona transgender in tempi passati, dove non esisteva possibilità di alterazioni fisiche, ma al contempo dove i ruoli di genere e il vestiario erano molto più rigidamente divisi, e permettevano dunque un passing molto maggiore e dove, non essendoci documenti di identità, bastava spostarsi di regione per crearsene una nuova.
Purtroppo a noi sono arrivate solo pochissime testimonianze e mai in prima persona (spesso ci sono arrivate tramite confessioni trascritte), poichè situazioni del genere si preferiva tenerle nascoste nelle pieghe della Storia, arrivando in certe occasioni a eliminare direttamente tutte le fonti, tanto era lo scompiglio che creavano in società così rigidamente binarie.
Tuttavia una divisione dei ruoli di genere così netta com’era nell’impero romano e nei secoli successivi, avrà portato anche parecchie persone non trans a vivere nei panni del sesso opposto per convenienza o perchè meglio si accordava con la loro indole.
Come fare dunque a distinguere le due diverse situazioni, la condizione medica innata per cui ci si percepisce dell'altro sesso a prescindere da quanto sia conveniente rispetto al "semplice" rigetto di ruoli di genere sgraditi? Purtroppo non potremo mai averne la certezza.
Prendiamo ad esempio il personaggio fittizio del "fantasma" protagonista della storia.
Vi sono parecchi indizi che fanno sospettare che possa essere trans:
innanzitutto non gradisce essere appellato come “donna” né essere percepito dal prossimo come tale.
Il “fantasma” parla di sé al maschile (anche se all’epoca probabilmente avrebbe parlato al neutro, in quanto phantasma è un nome neutro in latino).
Quando era bandito leggendario, il suo accumulo di ricchezze e i suoi furti grandiosi e rischiosi non erano dovuti alla mera sopravvivenza né alla volontà di arricchirsi, ma piuttosto al dover dimostrare prima di tutto a sé stesso di essere il migliore. E chi ha bisogno di una cosa del genere? Le persone che si sentono in difetto. E le persone con disforia di genere spesso si sentono in difetto rispetto a chi è nato del sesso cui loro sentono di appartenere.
In ultimo, nel terzo finale, dopo aver esaurito il dono delle ninfe, vediamo il “fantasma” che si trova a dover iniziare una nuova vita da zero. Quel “come vivere” riguarda la possibilità di vivere di un lavoro onesto quanto il venire a patti con la propria identità senza più nascondersi dietro a sciocche scuse. Ebbene, come possiamo appurare nell’ultima vignetta, il “fantasma” ha scelto la sua strada, continuando a vivere da uomo.
Ora. Ciascuno di questi indizi in realtà potrebbe avere una spiegazione anche se si trattasse di una persona cisgender(non trans):
il non gradire l’appellativo “donna” potrebbe essere dovuto a misoginia interiorizzata, in quanto non vuole essere associato a qualcosa di “passivo” e “fragile” come sono le donne agli occhi della società.
Il parlare di sé al maschile (o neutro) potrebbe essere dovuto al semplice accordo grammaticale col termine fantasma.
Il sentirsi in difetto del bandito leggendario potrebbe essere dovuto all’essere cresciuto orfano in strada, e dunque da meno rispetto alla gente “normale”, dotata di famiglia.
In ultimo, la sua scelta di vita di rimanere in panni maschili potrebbe essere stata dettata dal semplice fatto che i lavori maschili erano più avventurosi e interessanti.
Questa seconda serie di motivazioni alternative, tuttavia, potrebbero sommarsi alle altre invece di autoescludersi, dal momento che le emozioni e le motivazioni umane spesso risultano simili a un gioco di scatole cinesi, dove una motivazione superficiale potrebbe nasconderne un’altra più profonda oppure essercene più di una ugualmente importante.
Quindi qual è la soluzione?
La soluzione non c’è, sta a ognuno trarre le proprie conclusioni.
...Ma se lo chiedi a me?
Il “fantasma” è l’uomo più tosto di tutto il V secolo d.C..