Donne, vino e parole.
Nelle prime pagine di Chiantishire, Valtha ricorda la casa della famiglia del marito Aplu, le loro stanze e un banchetto con inviati stranieri.
Il banchetto era un momento molto importante nelle civiltà antiche. Sia che si fosse un semplice pastore nella propria capanna isolata che un potente signore in un palazzo, il banchetto era il momento in cui i padroni di casa esibivano la propria ospitalità ai visitatori – non così frequenti, poi, in un momento come l’età villanoviana dove la densità abitativa non era certo quella di oggi.
In molte culture i miti di concepimento dell’uomo e delle classi sociali hanno a che fare con l’ospitalità: un dio civilizzatore scende a visitare la terra e si ferma qua e là, intrattenendosi con varie signore.
Nel banchetto aristocratico si discuteva con gli ospiti di affari, una consuetudine eterna che continua fino a oggi: aperitivo, cena, vino, intrattenimenti costosi e simbolici.
È grazie alla critica greca al banchetto etrusco e all’arte sopravvissuta che sappiamo qualcosa di particolare proprio degli etruschi.
La donna etrusca, particolarmente quella agiata come Valtha, godeva di libertà enormi rispetto alle cugine greche e latine: poteva presenziare al banchetto, bere vino e parlare con gli invitati non suoi parenti liberamente.
Se oggi ci sembrano cose scontate, bisogna considerare che la donna greca e romana non solo non beveva vino, ma non poteva partecipare per nulla ai banchetti e ai simposi. Questi eventi infatti erano riservati solo agli uomini liberi, serviti da schiavi (nudi), che discutevano di affari e vita. Le uniche donne ammesse al banchetto greco erano le eteree, cioè cortigiane con anche abilità artistiche come il canto, mentre la donna romana poteva partecipare alla cena ma non al consumo di vino, né in pubblico né in privato. La donna greca non poteva uscire di casa se non accompagnata, partecipare alla vita pubblica, gestire i propri beni, a volte nemmeno occuparsi dei propri figli: la donna etrusca invece sì. Questo vuol dire che durante un banchetto, dove si beveva vino, la moglie e il marito etrusco stesi sullo stesso lettino conversavano amabilmente con tutti e di tutto.
Non possediamo testimonianze di prima mano degli etruschi a tal riguardo: lo sappiamo da alcuni passi greci, che descrivono a volte gli etruschi, i ‘tirreni’, come uomini molli e frivoli, pirati, e le donne come impudiche arrivando ad attribuire anche una distorta visione della famiglia “tradizionale” etrusca dove non si sa mai con certezza chi è il padre dei figli. Questo può essere dovuto, a parte per la basilare differenza di concezione della vita sociale dei due popoli, ma dal fatto che gli etruschi esteticamente hanno molto a che spartire con l’Asia Minore e l’Oriente. I loro commerci erano così floridi da esportare in tutto il mediterraneo, e di contro molti aspetti estetici mediorientali hanno avuto successo tra gli etruschi: edilizia, balsamari, oggetti di lusso e preziosi opulenti, gioielli, “look”; anche la divinazione che usa lo studio delle viscere animali, l’epatoscopia, ha un suo corrispettivo in Turchia. In molte tombe femminili si trovano i calici, segno che erano appunto bevitrici di vino. Un dettaglio importante, per quanto possa sembrarci oggi frivolo, è nei gioielli e nei vari aspetti della moda che vediamo cambiare nelle raffigurazioni di statue, decorazioni di suppellettili, pitture parietali. La donna etrusca cambia spesso look: capelli, vestiti, gioielli, trucco, aspetti di cui anche l’uomo etrusco era molto attento. C’è una vistosa evoluzione da un periodo all’altro, che sottolinea come la donna fosse padrona del proprio aspetto anche nell’apparire. Se aveva la libertà di bere a tavola vino con altri invitati, ciò che indossava non era solo un’esibizione della ricchezza del marito come succedeva in altre culture, ma era anche una sua scelta tra esibire una collana d’ambra baltica o di vetro, oro o avorio. Ci sono infatti moltissimi balsamari, specchi, trucchi, e poi ricchissimi gioielli fatti di ambra, metalli preziosi, vetro.
La donna etrusca aveva anche un “nome e cognome” proprio: non dipendevano quindi dal nome della gens paterna o maritale. Quando entrano nella famiglia del marito, hanno voce in capitolo sull’economia, sulla produzione e sulla gestione della casa.
Un dettaglio importante per quanto riguarda il mondo femminile è la scrittura: gli etruschi adottarono un loro alfabeto, perfettamente leggibile, elaborandolo da altri alfabeti mediterranei. Non possediamo testi lunghi (il più lungo è la mummia di Zagabria, altri sono steli e le lamine d’oro di Pyrgi e poi dediche), ma i primi oggetti etruschi che mostrano segni alfabetici sono i pesi da telaio, che appartengono all’universo femminile.
Tra oggetti preziosi di ogni sorta, nelle tombe femminili troviamo sempre bellissimi specchi – dono di nozze –, oggetti di divertimento come dadi da gioco e graticole per la cucina intesa sempre ‘di gruppo’, e infine proprio i pesi da telaio per i corredi femminili. Le donne etrusche, e poi le latine, erano infatti rinomate si per la bellezza e la loro capacità medicamentose e di cosmesi, ma anche per l’abilità da tessitrici. Questa fama poi passerà alle donne latine – fama che tutt’ora in molte regioni d’Italia resta insuperata- ma è molto interessante che i primi oggetti con iscrizioni alfabetiche passino per strumenti di ambito femminile. Saper leggere e scrivere non ha solo un aspetto di intrattenimento, ma è un simbolo di grande potere perché con l’alfabetizzazione si può gestire gli aspetti più pratici del quotidiano:misurazioni e calcoli di beni come i campi, e solo poi anche leggere versi poetici.In Chiantishire Valtha è etrusca proprio per queste argomentazioni. Nella prima stesura, Valtha era un personaggio secondario: egiziana, ricca e alfabetizzata, molto più antica e seguace di un altro culto. Poi, per una serie di lunghi motivi, le situazioni sono cambiate e ho potuto trasportare in Italia Chiantishire, perché volevo che la protagonista potesse agire in determinate maniere e contesti.
Valtha appartiene all’aristocrazia di Tarchna (Tarquinia), figlia di un Rasenna e nipote di esuli mediorientali; sa fare di conto, leggere e scrivere; beve vino e brinda assieme agli invitati; è un’ottima tessitrice.
Uno dei riferimenti visivi per lei e Aplu, nella scena del banchetto, è il sarcofago degli sposi conservato al museo etrusco di Villa Giulia (Roma).
Kona, la sua amante, è una etera, che accompagna gli uomini ai banchetti.
Infine, Ariadne, la moglie di Dioniso, è tutto, ma più antica di un millennio: Ariadne sa leggere, scrivere, tesse sia gli orditi che incantesimi.