L’arrivo di Alboino – Longobardae

Illustrazione di Federico Bova

L’inizio del cammino dei Longobardi è molto antico, e le storie sulle loro origini sono perlopiù leggende o frammenti di cronache dei popoli che sono scesi a patti con loro o li hanno affrontati. Tra queste leggende, le più fenomenali sono quelle su Alboino, primo Re dei Longobardi (in Italia), considerato colui che ha guidato il suo popolo alla conquista della nostra penisola.

Data la situazione di abbandono in cui versavano le province del nord Italia, occupate dai Goti, in tregua con l’impero bizantino, l’invasione fu estremamente rapida ed efficiente.

Razziatori di terraferma

I Longobardi erano cavalieri, razziatori di terraferma, e quale posto migliore per iniziare la loro espansione di una immensa pianura fertile punteggiata di fitte foreste? La resistenza fu minima.

I Goti che si opposero vennero massacrati mentre gli altri assorbiti nei ranghi di un’orda che presto si appropriò delle città abbandonate a loro stesse. Leggenda vuole che alcuni centri abitati, come Milano, nemmeno si opposero all’arrivo dei grandi cavalieri del nord, aprendo direttamente le porte della città agli invasori.

«(…)Da questi duchi longobardi, nel settimo anno dalla venuta di Alboino e del suo intero popolo, le chiese vennero spogliate, i preti uccisi, le città rovinate, le popolazioni cresciute come messi sui campi annientate, e, oltre alle regioni che Alboino aveva sottomesso, la maggior parte dell’Italia fu invasa e soggiogata dai Longobardi.» (Paolo Diacono, Historia Longobardorum)

Se proviamo a metterci nei panni di un abitante medio dell’epoca, un guerriero Longobardo doveva essere un figuro davvero spaventoso. Alto un metro e ottanta (dove la media era intorno a 1,50) barbuto, in sella a un cavallo da guerra dipinto in maniera inquietante, mentre brandiva spade alte quasi come un uomo. Per parafrasare la situazione, provate a immaginare di trovarvi alla porta di casa la nazionale di Basket Svedese in arcione ad Alci da guerra. Immaginate quindi l’uomo che li comandava.

Le imprese di alboino

Su Alboino se ne dicono tante, specialmente nella Historia Longobardorum, dove le sue imprese hanno veramente un ché di leggendario. Prima di discendere in Italia dalla Pannonia, prese a schiaffi i Gepidi alleandosi con altri grandiosi cavalieri delle steppe, gli Avari. Brutalizzati i Gepidi, pare che Alboino si fece fare una coppa con il cranio dell’ultimo dei loro Principi, Cunimondo, prendendo poi candidamente la figlia di quest’ultimo come sua sposa. Come ricompensa per l’alleanza con gli Avari, Alboino cedette loro le terre di Pannonia e pianificò l’invasione-migrazione in Italia.

Non è chiaro se i Bizantini si opposero senza successo o se semplicemente lasciarono passare la marea Longobarda, ma nel giro di un anno la fascia pedemontana tra le Alpi e il fiume Po erano finite nelle mani di Alboino, trovando difficoltà solo nell’invasione di Pavia, che in ogni caso cadde qualche tempo dopo (gli storici dibattono ancora sul quando).

Che siano o meno leggende, sembra che il cranio-tazza di Cunimondo costò la vita al sovrano. Infatti, una volta saldamente al trono ebbe la brillante idea di offrire da bere nel famoso teschio del suocero alla moglie Rosmunda, che evidentemente non gradì il pensiero.

Pare che Alboino morì assassinato per una congiura ordita proprio da lei, e, sebbene la regina gli avesse legato la spada al letto per impedirgli di estrarla contro i sicari, si difese fino alla fine armato di uno sgabello. Purtroppo, per quanto epico, venne infine ucciso.

Alboino non fu proprio un sovrano esempio di lungimiranza e cultura, ma le leggende intorno alle sue imprese echeggiarono per secoli nelle corti dei Longobardi, sebbene da quel momento ci fu un grande calo di richieste per le tazze fatte con i teschi dei nemici. Vai a capire come mai.